Seguire il Sentiero della Natura. Fare della propria Vita un'Opera d'Arte. Sognare per Credere. Un progetto di Francesca Salcioli

Diego Valentinuzzi. L’arte che corre attraverso il tempo.

6Diego Valentinuzzi ci accoglie nel suo studio tappezzato di disegni preparatori, pennelli in attesa e musica swing. L’ambiente ha un sapore multitemporale, con citazioni pop e raffinati oggetti d’antiquariato. La luce filtra chiara dalle finestre, proiettando anticipazioni di primavera nello studio d’artista.

Valentinuzzi, nato a Monfalcone, in provincia di Gorizia, si è formato inizialmente all’Istituto Superiore Professionale di Arti e Artigianato, per poi essere iniziato alla professione artistica dal pittore romano Giordano Giurina, che lo incoraggiò, agli inizi degli anni ’70, a vivere fra Monfalcone e Roma, in un andirivieni di sperimentazioni e corsi di aggiornamento.3Al ritorno nella città natia, Valentinuzzi ha iniziato a collaborare stabilmente con studi di design, navi da crociera, discoteche, american bar, oltre che a stringere i primi rapporti con galleristi e mercanti d’arte. Già presente per tre volte alla Biennale di Venezia (2007, 2009 e 2013 – eventi collaterali), Valentinuzzi sta attualmente attendendo conferma per la Biennale 2017,“una mostra a cui tutti vorrebbero esserci”, sottolinea, cui affianca progetti per la Biennale d’Austria ed esposizioni in Scandinavia.

logoF: Come nasce un artista a tempo pieno?

DV:
Fin da ragazzino ho potuto contare sull’appoggio dei miei genitori e della mia famiglia, che mi hanno molto sostenuto, anche se non sono figlio d’arte: mio nonno è stato uno dei fondatori, in un certo senso, dell’all’epoca Cantieri Cosulich di Monfalcone, dove più o meno tutta la mia famiglia ha lavorato. Io invece sono la pecora nera (sorride). E lo sono diventato anche grazie ai miei insegnanti di scuola, che per primi mi incoraggiarono a seguire la via artistica, in virtù della mia naturale predisposizione.

F: Com’è la giornata di lavoro quotidiana dell’artista?

DV: Personalmente dipingo una media di 5 ore al giorno, ascoltando la mia musica. Tendo a lavorare su più opere contemporaneamente, anche 5 quadri insieme. Lavoro in tecnica mista, acrilici più olio, su tela con grana sottile o su tavola. Uno dei miei quadri può richiedere fino a 20 giorni di lavorazione, più il tempo necessario per la preparazione, che comprende progettazione e disegni preparatori. C’è poi il tempo da dedicare all’autopromozione, la cura delle relazioni con galleristi e mercanti.

F: E le tue abitudini e passioni personali?

fotodiegoDV: Corro ogni giorno. Se è bel tempo corro lungo il mare, se piove utilizzo il tapis roulant che ho in casa. Mi serve per rilassare la mente e sfogare le energie in eccesso. Vedo i miei amici, che sono quasi tutti artisti, con cui posso condividere discorsi e progetti. Ho la passione per i film storici, i western, le letture futuristiche e di spionaggio e le rigatterie (sorride mostrando un’abat jour di inizio Novecento che illumina una scrivania di schizzi e appunti).

quadro2F: Corsa, passione per il passato, curiosità per il futuro… Quanto conta il tempo nella tua ispirazione artistica?

DV: Molto. La mia opera è in un certo senso una riflessione sul tempo. Ho voluto dare un rinnovamento alla pittura, sperimentando gli sbalzi temporali, con opere che raffigurano personaggi e paesaggi del Settecento e Ottocento che vengono inseriti in un circuito moderno, insieme ad altre figure, numeri, lettere e riferimenti alla pop art e alla optical. Le mie opere sono una codificazione del tempo, un surrealismo storico.

F: Raccontaci dei tuoi temi ricorrenti, come la coca cola e le scritte d’amore.

DV: La coca cola è un vero simbolo del linguaggio della pop art mentre le scritte “love me” e “kiss me” rilanciano l’arte e tematiche degli anni ‘70. C’è sempre un abbinamento con i paesaggi classici in cui questi temi sono inseriti: ogni mio quadro è un teatro dove l’osservatore è chiamato a risolvere il rebus che c’è dentro. Creo dei palcoscenici di meditazione, dove chiunque vi si ponga davanti può trarre le sue conclusioni.

Nella dolce sfida all’interpretazione lanciata dell’artista, mi tornano alla mente le sue riflessioni sull’arte e sulla realtà, in occasione della fondazione della Casa Comune della Cultura Europea: “Sembra di vivere in un mondo, dove tutto ha bisogno per essere conosciuto di un’immagine precostituita, di una sponsorizzazione e di una propagandistica campagna pubblicitaria”. quadroLa pittura è il luogo del“desiderio ardente di cancellare il passato con una certezza sfrontata verso un futuro incerto, dove non si vede amore, ma funzionalità: tutto è continuazione, intreccio di cose, una fusione di avvenimenti”. E questo Surrealismo storico fatto di incontri sponsali fra citazioni pop e la bellezza classica dei nudi e dei riccioli delle eterne muse mi appare come una volontà di conciliare passato e futuro, trovare una sintesi esistenziale ed estetica fra radici e rami alti, poiché, come suggerisce Valentinuzzi, “L’esperienza estetica è propria della essenza umana. L’uomo non è quindi semplicemente un essere esistenziale, ma anche estetico”. E infine: “Il mondo è brutto, e perché l’arte deve imitarlo?”.

Articolo pubblicato sul numero 1/PRIMAVERA 2016 di RESPIRO.

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